IL CARSO NELL’ARTE DI GIACINTO IUSSA
Una camminata sul Carso, tra la dolce asperità delle sue pietre e la sottile, fascinosa ostilità dei suoi cespugli: poi, all’improvviso, il mare, l’azzurro intenso dell’acqua divisa, da una linea, dall’azzurro più chiaro del cielo. Una visione pura, intensa, sospesa, che sa di rivelazione.
Si potrebbe descrivere così la genesi di una pittura di Giacinto Jussa, artista legato al paesaggio del Carso come un qualcosa di proprio, di profondo, da vivere in tutte le sue valenze, seguendo e ascoltando tutti i suoi possibili impulsi.
Il colore steso di getto sulla tela rispecchia l’emozione provata di fronte e dentro alla natura, in un fluire continuo di immagini e sensazioni. La gamma cromatica ricca di sfumature e suadenti passaggi tonali viene quindi ad esprimere l’atmosfera unica e particolare di quella specifica esperienza. Ma alla suggestione emotiva l’artista fa poi seguire la riflessione. Alle pennellate libere dello sfondo si sovrappongono dei riquadri che paiono voler focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti di quella natura e di quell’emozione. Quasi come dei fermo immagine gli spazi geometricamente delimitati propongono un’analisi più profonda della realtà, trattenendo lo scorrere delle sensazioni, fermando il tempo e lo spazio, bloccando l’istante emotivo per trasformarlo in un attimo riflessivo - meditativo. E allora la pennellata si fa più densa, più carica di colore e di significato a restituire l’idea di quell’emozione, di quell’impressione, passando dal particolare all’universale.
Tra prima e dopo, tra sopra e sotto, raffinate calligrafie astratte si propongono talvolta quale libero commento musicale a ciò che viene narrato all’interno della composizione, in altri casi come chiare e limpide sferzate di pura energia.
Pittura e gesto, colore e segno, istintualità e pensiero convivono sulla tela dell’artista a raffigurare la varietà del reale e contemporaneamente la molteplicità di sensazioni che ne possono derivare, le mille possibili sfaccettature della natura e del nostro essere.
Franca Marri
